Domenica 22 ottobre 2023. Mt 22-15,21. – Il tributo a Cesare. –
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva ridotto al silenzio i Sadducei, se ne andarono, e, in disparte, tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi.
Mandarono dei loro discepoli, con gli Erodiani, a dirgli: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, dì il tuo parere a noi: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”.
Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: “Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo”. Ed essi gli presentarono un denaro.
Egli domandò loro: “Questa immagine e l’iscrizione di chi è?” Gli risposero che è di Cesare. Allora disse loro: “Date dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio”.
Prima di iniziare il mio consueto commento, vorrei offrire a tutti i lettori una chiave di lettura: quasi tutte le parabole sono delle: metafore. E come tali devono essere lette. Anche alcuni miracoli sono metafore come il camminare sull’acqua, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il trasformare l’acqua in vino, ecc.
Commento. Oggi siamo nei guai. Questa piccola parabola ha creato nel passato, e chissà per quanto tempo lo farà in futuro, una miriade d’interpretazioni.
Tutti si sentono giustificati dalle parole di Gesù. Dai governanti ai religiosi, tutti si possono identificare come categoria che ha il diritto di imporre tasse e balzelli. I cittadini, a loro volta, sono obbligati dalla legge, e da Dio, a pagare le tasse.
Se si fa un’analisi superficiale, si ha l’impressione che Gesù abbia anticipato Pilato con il suo famoso: me ne lavo le mani. Quando c’è di mezzo Cristo, è bene cercare di approfondire quanto più si può.
Io considero Gesù molto diverso da noi. Considerarlo un Dio può sembrare, per assurdo, che ci si voglia lodare di aver riconosciuto una divinità, quindi lode a me più che a lui. Anche in questo caso è meglio chiarire.
Nella mia cinquantennale ricerca del perché della vita, Gesù spicca al di sopra di tutti gli altri illustri personaggi del passato per aver fatto, e detto cose, assolutamente fuori dall’ordinario nel loro genere.
E non mi riferisco ai miracoli, le guarigioni, la crocifissione. Quando decisi di occuparmi di lui, nella mia ricerca avevo eliminato tutte questi fatti, e anche qualcosa d’altro, per vedere cosa rimaneva.
Sono partito dal principio, che se c’era divinità in lui, avrei potuto trovarla nelle piccole parabole che rimanevano. Troppo facile, vedendo un miracolo dire: è cosa da Dio. Ma poi, si tratta di un vero miracolo?
Oppure, di una cosa naturale di cui non abbiamo conoscenze scientifiche? Sempre che non ci sia di mezzo un errore d’interpretazione. O una metafora.
Quanti sono i miracoli che, con le conoscenze di oggi, possiamo dare loro una spiegazione naturale? Direi tanti. A molti, fa piacere che sia così.
Per chiudere questa premessa dirò tre cose in sintesi: Gesù è venuto a chiudere l’epoca delle religioni: … date a Dio…. Gli stati nazionali… date a Cesare… sono l’esatto contrario dell’ama il prossimo tuo come te stesso.
Gesù è una persona come siamo noi. Nasce da Maria e il padre è, o Giuseppe, oppure quel Gabriele citato come angelo per comodità. È scritto nei Vangeli, anche se non così esplicitamente.
Di sicuro Gabriele, è andato a casa di Maria, e poi lei rimase incinta. L’angelo del signore è anche andato a casa di Anna, madre di Maria, che non poteva avere figli. Anche Elisabetta, madre di Giovanni Battista, ha ricevuto una visita dell’angelo.
Nella Bibbia sono innumerevoli gli incontri con questi “angeli”, e le donne visitate, e, da Sara, moglie di Abramo, dopo il tempo necessario per la gestazione, partorirono figli e sappiamo che di mezzo non c’è lo spirito santo.
Che cosa ha dunque Gesù di diverso da noi? Anche qui devo spiegarmi meglio. Gesù parla per assoluti, e con un linguaggio prettamente spirituale. Nessun filosofo, o profeta, e in generale nessun intellettuale nella storia, si è mai espresso per assoluti.
L’assoluto, nel linguaggio, è una forma che abbandona l’Io, il Noi, il Voi, per rivolgersi al Tutto. Questo tutto si riferisce a qualsiasi essere, o cosa esistente, nella sua forma ideale di perfezione, e mai per quello che è nella realtà.
Il Tutto, nell’ambiente materiale è diveniente, in altre parole è in continua trasformazione. Anche noi esseri umani siamo in continua evoluzione e non sappiamo due cose basilari: “Dove stiamo andando e perché”.
La Spiritualità, per essere tale, ha questo linguaggio. Dire che sto parlando spiritualmente non significa nulla se il contenuto non è espresso in questa forma.
Inoltre, un’affermazione spirituale, prima di cercare d’interpretarla, ha la necessità di essere contestualizzata. Infatti, come avete avuto modo di notare, ogni parabola, si riferisce a un ipotetico episodio della nostra vita quotidiana.
Un esempio d’interpretazione spirituale, possiamo dedurlo dalla parabola dei servi inutili: “Abbiamo fatto tutto quello che ci è stato comandato, siamo servi inutili”. Perché dicono di essere inutili?
Il perché va cercato nel fatto che volevano trovare merito nel lavoro che stavano svolgendo. Non per avere gloria o premi, ma perché hanno capito (servi inutili) che il presunto merito, è di che ha immaginato come si deve fare quel lavoro.
Ciò che hanno fatto, non ha nessun merito perché altri hanno detto loro cosa fare e come farla. Non è stata una loro idea. La parte spirituale risiede nel pensiero, l’azione è materia: “In principio era il verbo (Logos: il pensiero, della mente) Gv 1-1,18”.
S’immagina qualche cosa da fare e com’è meglio portarla a termine nella sua perfezione: merito, e poi si mette in pratica al meglio delle proprie possibilità.
Ora passo alla parte più spinosa: perché Gesù ha parlato loro in questa forma quasi pilatesca? Forse perché quegli Scribi e Farisei non erano ancora in grado di capire!
Non perché fossero degli ignoranti, ma semplicemente perché erano troppo immersi nell’ideologia religiosa per riuscire a concepire un’analisi con parametri così diversi dalla loro mentalità, come invece hanno fatto i servi della parabola.
I danni che causano le ideologie in questo caso sono ben rappresentati. Nella Spiritualità ci sono dei principi ai quali Gesù si attiene con scrupolo: la Verità non può mai essere usata come una spada.
Esiste un tempo per dire ogni cosa. Ci sono cose che non si possono dire a tutti. Nel linguaggio spirituale non si deve mai dire a una persona come, e cosa deve fare.
Il maestro insegna la perfezione ideale, l’allievo la mette in pratica come meglio gli riesce, e/o come ha capito che sia. Ciò che si apprende dall’esperienza non solo sviluppa la sua intelligenza, ma ne forma anche la coscienza: evoluzione spirituale.
Chi non impara, spesso, è perché non è arrivato il suo momento. E questa è la parte buona. Poi c’è chi non vuole apprendere giustificandosi in mille modi. Così non va bene. Per ultimi metto i negazionisti a prescindere. Per loro non c’è commento.
Sono quelli che conoscono le cose giuste, ma le rifiutano accampando teorie fantasiose. A loro consiglio di rivedere il film Forrest Gump. La citazione del film sullo stupido è simile a una di Confucio: “Lo stupido che si crede furbo è un idiota”.
Per finire due parole su Gesù. Ciò che rimase dei Vangeli dopo il mio pesante taglio, mi rivelò che Gesù si è comportato da Dio in terra. Tutto ciò che ha detto, e fatto, era rivolto a noi, senza profitto alcuno, per questa vita e quella dopo.
Esistono due aspetti di questa presunta salvezza. Uno riguarda la vita sulla terra. Se tutti i popoli vivessero in pace e armonia anche con l’ambiente, vivremmo in una specie di paradiso. Se poi riuscissimo a salvare la nostra anima, saremmo angeli
Oggi, se vogliamo tirare le somme, ci comportiamo come dei diavoli scatenati. Intelligenti come angeli, (in teoria), ma cattivi come demoni, (in pratica).
Se il diavolo è cultore del caos: guerre, distruzione, vendette, ecc. Quando si va in Chiesa, in Sinagoga, o nella Moschea a pregare Dio perché ci aiuti e protegga, siamo sicuri che ci rivolgiamo a Dio nel chiedere, e non al diavolo?
M.G.
Le mie analisi seguono una linea spirituale, filosofica e pedagogica. In mancanza dei presupposti di base, passo all’analisi filologica, o storica dell’articolo, non teologica.
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