In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbi, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Non sapeva, infatti, che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra, e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato. Ascoltatelo!” E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero per loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire: risorgere dai morti.
Commento. Il Vangelo di questa Domenica ci propone Marco nella narrazione della trasfigurazione. Anche in Matteo e Luca se ne parla. La cosa curiosa e che nessuno dei tre era presente al fatto.
In questa parabola è raccontato un evento, che se fosse vero, sarebbe straordinario. Non sono un bastian contrario a tutti i costi, ma perché Giovanni non ne parla? È una domanda retorica che non necessita di risposta.
Sebbene io abbia una predilezione per Marco, la fusione dei racconti presenti nel libro da me composto: Diatessaron, con ciò che ci riportano Matteo e Luca, a mio avviso, ne completa, e migliora la narrazione.
Gli altri due Apostoli non portano nulla di sostanziale al racconto di Marco, ma avere un principio allargato, chiaro, spesso, ne facilità la comprensione.
Cosa quanto mai necessaria, in quanto, qui si dibatte di Dio, dell’esistenza. Argomenti terribilmente seri per tutti. Alla fine, tutti noi, arriviamo ad abbeverarci a questa fonte. Arriverà il tempo in cui, l’esistenza, ci chiederà di occuparci di lei.
Marco, nella stesura del suo Vangelo, che io ho definito “il breviario base”, ha avuto una fonte diretta: Pietro l’Apostolo.
Pietro è un uomo semplice, capace di forti sentimenti, di slanci imprevedibili, con una fede smisurata, non accompagnata dalla mitezza.
Non è l’agnello di Dio. Nel Getsemani ha sfoderato una spada, ed è un impulsivo. Ha la vocazione del pastore, della guida, senza possederne la cultura. Ha un carattere forte, sorretto dalla venerazione che ha per Gesù.
Che cosa ha visto in Lui? Senza dubbio qualcosa di straordinario, che ho visto anch’io, dopo che ho tolto di mezzo i miracoli. Marco, nel suo Vangelo, ci racconta molte delle cose che ha sentito da Pietro, e anche delle scivolate che ha fatto.
Il mio non vuole essere un giudizio, e non desidero nemmeno tracciarne un profilo negativo. Chi non è soggetto a fare errori? Nessuno di noi ne è immune.
In un commento da me fatto tempo fa, ho parlato della fede matematica*. Quel profilo calza a pennello con Pietro.
Il mio vuole essere un segno di ammirazione per quest’Apostolo. Dopo il necessario travaglio per arrivare all’immedesimazione con la divinità, lascia che gli uomini facciano di lui, e del suo corpo, scempio.
Il branco, quando sente l’odore del sangue di un nemico, anche immaginario, si scatena, con quella miserabile e ignorante esaltazione tipica delle ideologie, o dalla paura del diverso, e più sono false, più producono integralismo settario.
Ogni parabola è la rappresentazione dell’universalità del ministero di Gesù, e veicola concetti di una vastità tale che alcune sintetiche parole non sono certamente sufficienti per sviluppare una qualsivoglia teoria.
Ma, l’importante è iniziare, poi, speriamo che strada facendo la matassa si dipani. Gesù, è presentato, attraverso la trasfigurazione, come “manifestazione” divina in una rappresentazione di difficile definizione.
Ci sono molti racconti nei vangeli che non sono reali, ma ideali. Il redattore di questi scritti, in questo caso, vuole essere più realista del Re. Come se Dio avesse bisogno di fare queste cose per dimostrare se stesso.
Infatti, si nota la confusione, la paura, degli apostoli e della scivolata di Pietro: “Facciamo qui tre tende…”, dice Pietro. Hanno reagito come se avessero visto un alieno, e non un Dio.
Ancora una volta l’impulsività gioca un brutto scherzo a Pietro. E’ senza dubbio un entusiasta, un impulsivo, un credente ardente ma, ahimè, poco riflessivo.
“Questi è il mio figlio diletto. Ascoltatelo”. L’epoca del Vecchio Testamento rappresentata da Mosè ed Elia è superata, compiuta, è chiusa. Ora c’è la parola di Gesù, il Cristo, la parola del Dio fatto uomo. Questo il concetto che si vuole esporre.
Questa parte della parabola ha un lato molto discutibile. Gesù è a colloquio con Mosè ed Elia nel pantheon divino. Entrambi hanno un passato fatto di stragi (la terra promessa), e d’inosservanza del quinto comandamento: non uccidere.
Trovarli assieme a Gesù, il Figlio di Dio, in questa rappresentazione mi sembra un errore di opportunità, almeno. Anche perché, Gesù, in un altro passo disse: “Prima di me, solo ladri e briganti”. (Gv 10-8)
Noi, esseri umani, siamo inseriti nella creazione. Un disegno intelligente governato da leggi naturali. Lo spirito umano, in questo percorso: epoche, è accompagnato dall’evoluzione, da non confondersi con l’evoluzionismo darwiniano.
Accompagnato, e non guidato o costretto, perché l’Amore non ha vincoli, battaglie da combattere, traguardi da raggiungere. È libertà assoluta. Chi ama è già arrivato. Ma, attenzione alla tentazione del bene, o all’amore con vincoli, o interessi.
Per il male siamo sempre pronti perché guidati dall’istinto dai desideri, per il bene invece dobbiamo farci guidare dai sentimenti e dalla ragione, cioè: dall’intelligenza dello spirito.
Alcune piccole note.
*La fede matematica. E’ quella che scaturisce da una meticolosa e amorosa indagine, da una ricerca assillante, da una serie ininterrotta di raffronti ed elaborate deduzioni.
Trattasi di quella fede, anche se partita da un punto opposto, che conquista, e finisce per dominare. Questa fede procede progressivamente; apparentemente è tarda, però, mosso il passo, non conosce più movimento inverso e regresso.
E’ fede pronta, che scaturisce da una sequenza di moti matematici che culminano, attraverso la soluzione di vari problemi, in veri corollari […]. Da: Scintille dall’Infinito – Edizioni Il Cenacolo -Milano.
Evoluzione – Pedagogia – Filosofia – Spiritualità. I commenti ai vangeli, che avete modo di leggere, hanno questi contenuti. Che sono poi gli stessi delle parabole che leggete.
Sono come lo svolgimento di un tema, espresso in sintesi, all’interno di un Tutto suddiviso in tanti piccoli brani. E’ come costruire una casa: mattone dopo mattone.
Il consiglio che mi permetto di dare al lettore, è quello di approfondire queste letture. In questa parabola si parla di Mosè ed Elia. Perché Gesù parla di loro come ladri e briganti?
Errore di chi ha redatto il vangelo? Oppure l’errore è in quello che ha detto Gesù? Leggete nella Bibbia cosa hanno fatto, perché, e il Dio di riferimento. Poi fatevi un’idea vostra. Solo con la conoscenza possiamo fare valutazioni migliori ed esprimere opinioni intelligenti.
Pensiero Olistico. Il pensiero olistico conduce l’individuo a porre attenzione verso la sua totalità. Ti fa comprendere che apparteniamo a un progetto più grande e che tutto è collegato. Il termine olismo, infatti, per definizione deriva dal greco ”όλος (òlos) ”, cioè totalità. https://www.google.com/search?q=pensiero+olistico&oq=
Noi stiamo esaminando i Vangeli pezzetto per volta: parti. Essi fanno parte di un progetto, quello di Gesù, che vuole farci comprendere che esiste qualcosa di cui noi siamo parte ma che ancora non conosciamo: la totalità.
Per comprendere il contenuto dei vangeli dobbiamo avere un’idea del Tutto che ci circonda. Altrimenti è di difficile comprensione. È come se parlassimo di un nostro arto: dito, occhio, mano, senza tenere conto che essi sono parte del corpo che li ospita.
Il pensiero olistico si raggiunge con l’acquisizione di più conoscenze. Poi con la ragione necessita farsi una propria idea. Per quanto riguarda la nostra esistenza, le conoscenze sono infinite: un traguardo irraggiungibile oggi.
Ma, anche una casa non si costruisce dal tetto. Tempo ne abbiamo quanto vogliamo. La nostra generazione, citata nei vangeli, va dalla comparsa dell’uomo sulla terra fino alla fine dei suoi tempi.
Le conoscenze che possiamo acquisire con l’evoluzione, diventano sempre più vaste e con contenuti meglio definiti. La scienza ci sta dando un grande aiuto.
L’uscita delle tematiche esistenziali dal dogma, ci permette di capire meglio, e più rapidamente.
PS: Le analisi che propongo, sono scritte seguendo una linea prettamente spirituale. Nel succedersi dei commenti alcuni concetti si ripetono. I Vangeli sono come un albero: ha un’infinità di rami e foglie, ma è sempre un albero. I rami sono tutti attaccati al tronco, e le foglie ai rami.
Se ti ritieni soddisfatto dei miei commenti: PASSA PAROLA. – info@mariogarretto.it –
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Una risposta a “Domenica 28 febbraio 2021 Marco 9 –1,9 – La trasfigurazione –”
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