Domenica 31 maggio 2020 Giovanni 20, 19-23 – Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. –
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
Commento. Un brano dei vangeli che, a mio giudizio, deve essere mostrato al lettore nella sua interezza. Ovvero fondendo, tutto quanto è successo, dopo la crocefissione, e che è stato riportato dagli evangelisti o chi per loro.
Se si prendono i testi, singolarmente, si può entrare in confusione. Per esempio solo in Giovanni si parla dell’incredulità di Tommaso. In Luca si parla dell’apparizione agli Apostoli e della fatica che Cristo faceva per farsi riconoscere. Per vincere la loro resistenza dovette mostrare le sue ferite.
Matteo e Marco non ne parlano. Proviamo a formulare delle ipotesi. Colpisce il silenzio di Matteo. Perché, per non parlarne, o era assente, ma questo non significa nulla, o non ne vuole parlare. Se non ne vuole parlare, sono due le ipotesi possibili: non vuole raccontare bugie è la prima ipotesi.
Elementare e forse un po’ sorprende, ma possibile. A quel punto la fede di Matteo, suppongo, fosse vicina alla purezza. Nel suo vangelo Matteo è più un narratore che un interprete. Racconta i fatti senza farsi domande. Il suo silenzio crea delle difficoltà a questo punto. Secondo le scritture egli era presente.
La seconda ipotesi è quella che non abbia capito nulla di quanto successo. Oppure non era presente. Ma questo contraddice le scritture. E se era presente, forse, non vuole immischiarsi in cose più grandi di lui. Altro che san Tommaso.
Marco. Non ha la vocazione del narratore, non interpreta, non si fa domande. Tutto gli è stato raccontato da Paolo, da Barnaba, poi da Pietro in tarda età ma di questo episodio non esiste traccia nel suo Vangelo.
Una dimenticanza dei suoi maestri? L’unica ipotesi che posso fare è quella che sia andata perduta la pagina che lo riportava. Nel calcio si direbbe che mi sono salvato in corner con una battuta povera di spirito.
Luca ha la vocazione dello scrittore religioso. Cita le scritture, i profeti, fa accostamenti, traccia un filo di continuità fra Gesù e il Vecchio Testamento. Il prezzo di tutto questo lo paghiamo tuttora noi in termini di evoluzione spirituale.
E’ su Giovanni che bisogna spostare l’attenzione. Giovanni scrive a Efeso il suo Vangelo. Giovanni non si accontenta di narrare, egli interpreta. Di fatto è un ricercatore spirituale: Gnosi. Le fondamenta dello Gnosticismo, in Giovanni, si rivelano fin dall’inizio. Non c’è da meravigliarsi.
La composizione del Vangelo attribuito a Giovanni è stata realizzata nella scuola di Efeso assieme ai suoi allievi. All’inizio del Vangelo di Giovanni, Cristo, è citato come: il Dio-con-noi.
E così, come in tutto il suo Vangelo, Giovanni veicola concetti da meditare e da mettere in pratica, cercando di risvegliare la coscienza degli esseri umani.
Giovanni non riporta molti miracoli. Il miracolismo è tipico dei religiosi. Lui va oltre. Dio non si rivela dai miracoli, ma dalle opere. E per quanto riguarda alcuni miracoli riportati nei Vangeli, non ci si può mettere la mano sul fuoco.
Nella mia modesta attività di ricercatore spirituale ho cercato la divinità di Gesù escludendo tutti i miracoli, resurrezione compresa. Nonostante questo ho trovato in Gesù la divinità. Di Gesù, penso, che più che un Dio sceso fra noi, sia un uomo diventato figlio di Dio.
Cambiando i fattori, il risultato non si modifica. Anzi, noi ci guadagniamo. Ci ha indicato la strada da percorrere con l’esempio. Cosa possibile anche a tutti noi.
Non credo che sia così difficile seguire il suo insegnamento, e nemmeno troppo faticoso. Di sicuro da senso e un valore inestimabile alla vita.
E’ la strada più vicina alla gioia di vivere. Tempo ne abbiamo? A voglia! Il nostro è iniziato all’inizio dei tempi e finirà con loro. Chissà quando.
Come nasce il cristianesimo? Da un mito? Una speranza? O da una paura? In questo brano c’è tutto questo. Dalla ricerca di verità, alla speranza, passando dalla paura. Il tutto raccontato come fosse una fiaba mitologica.
Giovanni è il solo fra gli Apostoli che continua imperterrito nella sua strada. Non è interessato al miracolo in se, ma osserva le nostre reazioni. Quando non siamo spaventati, siamo increduli. Anche davanti ai fatti.
Gesù è davanti a loro, è in mezzo a loro e nonostante questo dubitano. Se noi, come umanità, non crediamo ai fatti, come potremo capire gli insegnamenti del Maestro. Siamo così stupidi?
No, non siamo così stupidi. Siamo solo dei pigri ignoranti che si credono sapienti. Confucio direbbe che siamo un po’ scemi. Nessuno di noi conosce le potenzialità della sua intelligenza, e solo pochi cercano di svilupparla o di scoprirla. Tutto ciò che siamo, è scritto nella storia dell’umanità.
Cercare la divinità che è in noi, è una strada lunga, anche faticosa e impegnativa, ma solo se si cercano dei risultati immediati. Giovanni ci dice che siamo ancora troppo legati ai sensi se per credere dobbiamo anche toccare.
In questa frase c’è anche una rivelazione che potrebbe avallare la mia deduzione sull’umanità di Gesù: “Un fantasma non ha né carne né ossa come invece io ho”. Una deduzione logica, analizzando e interpretando quanto scritto.
Continua la pedagogia Cristica: “Beati coloro che crederanno senza avere visto!”. Perché, e ci siamo in mezzo tutti noi, costoro avranno fatto la loro brava ricerca, hanno cercato di capire e di mettere in pratica l’insegnamento ricevuto. Ecco allora spiegato da dove nasce il Cristianesimo: dalla Verità.
E il Cristianesimo non è una religione. E’ un ideale stile di vita, dove gli uomini si considerano tutti fratelli, dove prevale l’amicizia, assieme a tutti i valori morali che discendono dall’amore.
Abbiamo il dovere di vivere, di lavorare, di formare famiglie, di allevare dei figli e di educarli. Con l’amore come guida ci verrebbe tutto meglio. Non è un carceriere, non è un giudice, non fa del moralismo.
L’amore crea un’etica che non imprigiona, che non giudica, e non ti fa la morale. Ti aiuta a capire il giusto dall’ingiusto, il bene dal male. Ti perdona non nel senso che ti assolve dal peccato, ma che ti da sempre l’occasione di riparare l’errore commesso.
Inoltre non da a nessuno la possibilità di giudicarti ma fa sì che il giudice sia tu stesso. Poi la vita sarà il nostro maestro se vogliamo, e il tempo a disposizione un atto di misericordia e di giustizia infinita.
Noi viviamo un periodo necessario al nostro spirito, non un giorno di più e nemmeno uno in meno. Legge divina.
Ritorno per un attimo allo Spirito Santo. I due evangelisti che ne parlano: Luca e Giovanni, scrivono due cose abbastanza diverse per tempi e modi della sua discesa. Poi il fatto che Gesù soffiò loro mi lascia perplesso. Sa molto di popolo eletto, d’ingiustizia divina e di mago Zurlì.
L’amore prevede che in tutti noi ci sia lo Spirito Santo fin dalla nascita. Altrimenti che amore è. Siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio, e se lui è trino e uno anche noi lo siamo. La differenza è che lui si comporta da Dio mentre noi no. Gesù l’ha ampiamente dimostrato nell’arco della sua vita.
Unisciti alla discussione
Una risposta a “Domenica 31 maggio 2020 Giovanni 20, 19-23 – Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. –”
Your article helped me a lot, is there any more related content? Thanks!